Associazione per una Rivoluzione Democratica
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Messaggio  Roberto Fondi Ven 06 Mar 2009, 12:25

Sento di dover insistere sul fatto che per dare vita ad una nuova e rivoluzionaria forza politica non basta mettersi “fuori dal recinto”, ma bisogna costruirne uno nuovo. Proprio come fecero Romolo e i suoi fedeli quando, dopo essersi staccati da Alba Longa, scelsero il Colle Palatino e decisero di tracciarvi i “limiti sacri” per fondare Roma. Sarebbe comunque – secondo me – del tutto irragionevole e irresponsabile, oltre che ingiusto, avventurarsi in un compito del genere senza tener conto della STORIA della nostra nazione. Mi riferisco ovviamente alla storia vera e approfondita, e non a quella posticcia e superficiale che generalmente ci viene messa nel piatto dopo essere stata rimasticata ad usum delphini.
Mi spiace dirlo, ma negli ultimi tre mesi trascorsi in contatto sia telematico che diretto con gli altri “viandanti” del Comitato, non mi è sembrato che ci si preoccupasse molto di progettare il nuovo recinto, né di disporsi a riesaminare il corso della nostra storia nella prospettiva di questo preciso fine. Confesso di essermi sentito come doveva sentirsi nella seconda metà dell’Ottocento, nei primi congressi dell’Internazionale dei lavoratori, un italiano simpatizzante per Mazzini e Garibaldi. In quei congressi, a fianco di rivoluzionari di ogni stampo e provenienza, dominavano i comunisti e gli anarchici, i quali non nutrivano alcuna simpatia né per i mazziniani né per i garibaldini. Ho così sentito esaltare la Comune di Parigi del 1869 e il sacrificio dei comunardi di fronte alla brutale repressione dell’esercito francese, ma non ho mai sentito esaltare la non meno eroica difesa della Repubblica Romana accaduta vent’anni prima: repubblica scomunicata dal Papa e altrettanto brutalmente costretta a capitolare dopo cinque mesi d’assedio da parte di una concentrazione esorbitante di forze militari composta da “crociati” francesi, austriaci, spagnoli e borbonici del Regno delle Due Sicilie. Eppure la mazziniana e garibaldina Repubblica Romana varò una Costituzione che aveva almeno gli stessi identici pregi di quella attuale e batté monete in cui figuravano l’aquila e il fascio. C’erano dunque tutte le premesse ereditarie per gli aspetti più coinvolgenti e positivi di quella che sarà la rivoluzione fascista.
Nessuno ha mai ricordato che tanto Mazzini quanto Garibaldi non risparmiarono giudizi severi nei confronti sia del comunismo che della Comune parigina. Nessuno ha mai sottolineato con forza il fatto che se la civiltà moderna sta portandoci tutti verso la catastrofe, ciò dipende sicuramente dal capitalismo, ma anche dal comunismo: per il solo e semplice motivo che entrambi sono stati partoriti dalla medesima “mentalità” o matrice culturale. Sia l’uno che l’altro, infatti, concepiscono la nostra specie come puro Homo oeconomicus, il cui solo destino è quello di lavorare incessantemente, come scriveva Mazzini, “come fanno i castori e le api”.
Nella sua monumentale opera in 6 volumi Der moderne Kapitalismus, l’economista tedesco Werner Sombart, vissuto dal 1863 al 1941, espresse la sua ammirazione incondizionata per Marx e ne riconobbe pienamente la genialità quale teorico e storico del capitalismo, ma non esitò a denunciarne in modo fermo la pretesa di aver proposto tesi scientificamente dimostrabili anziché fondate su assunzioni di carattere metafisico. Come si fa a ritenere avvalorata dai dati dell’esperienza l’affermazione marxiana secondo cui la storia dell’umanità sarebbe semplicemente un’espressione della storia della natura in quanto dominata dalle medesime leggi di quest’ultima? Leggi, tanto per intenderci, concepite come “necessitanti” e identificate tout court con quelle darwiniane? L’esperienza, in realtà, insegna tutt’altra cosa, e cioè (1°) che gli uomini hanno la capacità di decidere liberissimamente se entrare oppure no in strutture collettive di produzione, e (2°) che a tenere il primato nella storia non sono sempre le sole pulsioni economiche, ma anche altri interessi, come quelli passionali, religiosi, politici, conoscitivi e quant’altro.
Se la realtà sta in questi termini, allora io credo che sia necessario ripulire l’immaginario nostro personale e quello collettivo da qualsiasi incrostazione residua di natura capital-comunista e puntare con decisione a tracciare un nuovo recinto politico che tenga conto dei nostri trascorsi storici pur facendo la massima attenzione a non ripeterne le scelte più infelici e problematiche. Io ho in mente UNO STATO DEMOCRATICO CHE DEFINIREI “OLISTICO” OD “ORGANICO” (che cioè punti a soddisfare in maniera armonica tutte le dimensioni ontologiche dell’essere umano: non soltanto, dunque, quelle economico-materiali, ma anche quelle conoscitivo-culturali e quelle etico-spirituali), RISPETTOSO E RESPONSABILE NEI CONFRONTI DELLA “NAZIONE” (ho già avuto modo di specificare che cosa intendo con questo termine: una realtà unitaria e poliedrica che include non soltanto un determinato popolo stanziato in un determinato territorio, ma anche i deceduti e i nascituri di quel popolo, tutte le opere da esso realizzate, la sua lingua, la sua storia e la sua consapevolezza di formare una “comunità”, ovvero di condividere destini e responsabilità), A STRUTTURA PARTECIPATIVA (che cioè affidi la propria conduzione non a delegazioni di partiti, ma a rappresentanti effettivi delle sue varie e differenti funzioni sociali, armonicamente coordinate fra loro nel superiore interesse del Bene Comune nazionale), ATTENTO E RIGOROSO NEI CONFRONTI DELLA GESTIONE DELLE RISORSE ED APERTO, PACIFICO E SOLIDALE NEI CONFRONTI DI TUTTI GLI ALTRI STATI NAZIONALI. Ho anche proposto una trentina di principii ideali ed istituzionali che considero suscettibili di essere utilizzati quale possibile impalcatura per uno Stato dalle caratteristiche sopra indicate; ma sembra che essi, almeno fino ad oggi, non abbiano ricevuto attenzione.
Comunque sia, quando anche gli altri “viandanti” condividessero quanto sopra, avremmo soltanto imboccato il percorso da compiere, in quanto nessun nuovo ed efficace recinto politico potrà essere realizzato senza il coinvolgimento, sul piano sia razionale che emotivo, di intere masse di cittadini.
Affronterò dunque direttamente il toro per le corna, come suol dirsi, dichiarando che RITENGO FONDAMENTALE E INELUDIBILE RIPRENDERE IL DISCORSO INIZIATO DAL FASCISMO. Non sto dicendo (attenzione!) ritornare al fascismo, del quale è impossibile dimenticare i limiti e gli errori, bensì riprendere il discorso iniziato dal fascismo: perché quel discorso fu troncato di netto e successivamente messo in damnatio memoriae dalle oligarchie capital-comuniste vincitrici della Seconda Guerra Mondiale e dai loro governi-fantoccio in Europa. D’altra parte, le innovazioni corporativo-sindacali del fascismo e della RSI, la cui natura era genuinamente anti-capitalista, non furono affatto farina esclusiva del sacco di Mussolini, di Bottai e di Bombacci, ma riprendevano la sostanza della Carta del Carnaro stilata per il governo di Fiume da De Ambris e da D’Annunzio, e prima ancora quella degli scritti e dell’azione dei cattolici modernisti Murri e Toniolo, e prima ancora il pensiero di Mazzini, impregnato – come del resto anche quello di Garibaldi – di una “RELIGIOSITÀ CIVILE” che non aveva alcun timore di contrapporsi con la fronte alta a quella istituzionalizzata, burocratizzata, anti-nazionale e feudale della Chiesa Cattolica.
In tutta sincerità, credo che mai come nei giorni nostri tornino ad essere attuali le figure di Mazzini e di Garibaldi, che non erano affatto semplicemente quel ridicolo sognatore e quel soldataccio privo di motivazioni spirituali che una corrosiva ed interessata propaganda ha sistematicamente cercato di gabellarci. Entrambi insistettero, più che sui diritti, sui DOVERI degli uomini. Da veri massoni quali erano, come gli antichi romani essi consideravano la vita una missione da compiere con il più alto e disinteressato senso di responsabilità, sforzandosi di imitare il Grande Architetto dell’Universo nel portare ordine, libertà, fratellanza e giustizia in seno alle comunità umane. Cito alcune frasi di Mazzini che mi sembra non necessitino di alcun commento:

“Base della vita d’una Nazione – per chi vede in essa più che un aggregato d’individui nati a produrre e consumar biade – sono una fratellanza di fede, la coscienza d’un fine comune, l’associazione delle facoltà perché si operi con successo, concorde verso quel fine. (…) Fine della Politica è l’applicazione della Legge morale all’ordinamento civile d’una Nazione, nella sua doppia attività interna ed esterna: fine dell’Economia è l’applicazione della stessa legge all’ordinamento del Lavoro, produzione e riparto: quanto tende a quel fine è bene e bisogna progredire in esso, quanto contraddice ad esso o se ne allontana è male e deve essere combattuto finché soccomba; popolo e governo devono procedere uniti, come il pensiero e l’azione negl’individui, nel compimento di quella missione. E ciò che è vero per una Nazione, è vero tra le Nazioni: le Nazioni sono gli individui dell’Umanità”.

Secondo me, soltanto tornando a suscitare in noi e nei nostri connazionali una fede e una passione di tipo “religioso-civile” come quella propugnata da Mazzini, da Garibaldi e dal fascismo sarà possibile dare vita ad un NUOVO RISORGIMENTO politico-spirituale e riscattarci dallo sfascio e dal degrado civili in cui siamo stati precipitati.

Roberto Fondi

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Messaggio  leozaquini Sab 07 Mar 2009, 19:48

Caro Roberto,

il tuo interessante intervento mi ha suggerito una proposta:

QUI

Condivido molte considerazioni del tuo intervento, ed anche alcuni giudizi. Per esempio l'importanza dell'etica, oltre che l'apprezzamento dei sistemi etici civili condivisi dagli uomini che hanno fatto il risorgimento.

Condivido anche le analogie tra marxismo e capitalismo, entrambi "produttivistici" e poco interessati all'etica (benche' da alcune forme di essa, entrambi i sistemi teorici fossero dipendenti).
La visione del mondo dei socialisti libertari (anarchici) invece era un po' diversa.

Fai riferimento anche al fascismo.
Lo conosco poco, ma mi pare che accomuni soprattutto certi difetti di diverse tradizioni di pensiero:

- l'autoritarimo statale dei marxisti.
- l'elitarismo dei marxisti.
- il nazionalismo.

Che il "socialismo nazionale" (o nazional socialismo, secondo le declinazioni prevalenti nelle diverse lingue nazionali), cioe' il "socialismo-che-fa-gli-interessi-nazionali-usando-uno-stato-dominato-da-un-partito" si nutra di "anti produttivismo" e di "liberazione dall'economicismo", ho fortissimi dubbi.

Sia per quanto riguarda gli esempi storici, sia per quanto riguarda l'esempio oggi esistente e vivo: la Cina.

leozaquini

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Messaggio  Simone Dom 15 Mar 2009, 21:11

Non sto dicendo (attenzione!) ritornare al fascismo, del quale è impossibile dimenticare i limiti e gli errori, bensì riprendere il discorso iniziato dal fascismo: perché quel discorso fu troncato di netto e successivamente messo in damnatio memoriae dalle oligarchie capital-comuniste vincitrici della Seconda Guerra Mondiale e dai loro governi-fantoccio in Europa.

Sono completamente d'accordo con te. E' già da un po' di tempo che penso che il futuro sia dietro di noi e vada recuperato. Tutto ciò che è uscito dagli accordi atlantici ha determinato la realtà fino ad oggi, e non è risolvibile all'interno della propria logica e dinamica esistenziale. Cosa mi dici di La Grassa? Non ho letto molto di suo, ma quello che ho letto mi ha trovato sempre concorde. Apprezzo soprattutto il suo marxismo "aggiornato" e "sgrassato".

Simone

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Messaggio  Roberto Fondi Gio 19 Mar 2009, 14:02

Mi fa molto piacere che tu condivida i contenuti del brano riportato. Entro la prossima settimana svilupperò ulteriormente i temi del mio intervento di Chianciano 2 e li trasmetterò ai gruppi di lavoro sulla scienza e sulla politica. Purtroppo di La Grassa non posso dirti nulla perché non ne conosco affatto le idee (ho orecchiato soltanto qualcosa del suo “contenzioso teorico irrimediabile” con Preve, ma niente di più). Spero comunque di rimediare almeno un po’ a questa mia carenza nelle prossime settimane. Il fatto è che ho varie cose importanti da leggere e, siccome il tempo è quello che è, sono obbligato a seguire una scaletta prestabilita di priorità. Grazie e cari saluti.

Roberto Fondi

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