Documento consegnato a Firenze il 25 luglio 2009 (parte II)
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Documento consegnato a Firenze il 25 luglio 2009 (parte II)
7 – Dobbiamo conoscere e accettare i prezzi necessari a salvare il mondo, e farci carico di essi
Gridare giustizia globale, rispetto per l’ambiente o basta alle guerre va benissimo; ma nessuno di noi, quando rientra a casa dalle manifestazioni, ha un’idea precisa dei prezzi che dovrebbero essere pagati per ottenere tutto questo. Di fatto, nessuno lo sa esattamente. Perciò uno dei compiti primari del Movimento deve essere appunto quello di chiedere agli specialisti di studiare, calcolare e divulgare tali prezzi in termini di mezzi necessari per l’attuabilità, di rinunce al consumo, di mutamenti di stili di vita, di perdita di occupazione e di strategia per riottenerla, di equilibri politici e di sviluppo economico. Non conoscere questi prezzi, non divulgarli e non convincere la gente – sia dei Paesi sviluppati che di quelli sottosviluppati – a farsene carico e ad accettarli, equivarrà ad intraprendere un viaggio verso il nulla.
8 – Soprattutto noi occidentali, dobbiamo affrontare e sconfiggere la paura del cambiamento creando consenso sui valori comuni
Questa è la sfida più ardua. Come convincere, infatti, 800 milioni di persone sempre più oppresse dalla paura di non poter mantenere per sé e per i propri figli il loro attuale standard di vita, che la gallina di domani è per tutti di gran lunga preferibile all’uovo di oggi? E come convincere nazioni come quelle cinese e indiana a non “alzare troppo la cresta” e a non cedere al desiderio di rivincita nei confronti dell’Occidente, correndo così il rischio di fotocopiarne sistematicamente gli errori e gli orrori?
Il fatto è che, almeno in Occidente, la stragrande maggioranza delle persone non ha più la facoltà del pensiero autonomo e indipendente, né sufficiente autostima e cultura per tradurlo in azioni pratiche; per cui quando si chiede loro di pensare e di agire rimangono paralizzate: si parla loro e non ci sentono, oppure ci sentono ma restano in ogni caso bloccate. Come ancora sottolinea Barnard nel suo articolo già citato, “il pensiero-azione indipendenti vengono ostacolati fin dalla più giovane età, e a questo si aggiungono da una parte la sistematica distruzione dell’autostima che viene inflitta lungo tutto il percorso scolastico, e dall’altra l’ansia di conformarsi al pensiero dominante del gruppo per essere accettati; uniti, questi elementi portano molto spesso a non osare più alcuna forma di pensiero o azione indipendenti. Non si è più in grado di pensare da sé, si pensa per blocchi preconfezionati da altri, né si sa agire senza il sostegno di un gruppo. A ciò si sono aggiunti 30 anni di esposizione a media commerciali sempre più martellanti, che hanno letteralmente infettato e annichilito l’anima di milioni di noi, e l’opera di paralisi del pensiero/azione indipendenti è stata completa. Infine, la paura del futuro da cui tanti sono pervasi oggi, e che è artatamente alimentata dai nostri leaders, cementifica ancor più quella paralisi.” Si condisca tutto questo con la profonda ignoranza che domina ovunque, e il quadro potrà dirsi praticamente completo. Di fatto, al cittadino comune mancano non soltanto le più elementari conoscenze sia dei meccanismi della sperequazione globale che di quelli che lo stanno sistematicamente impoverendo, ma anche il tempo per provvedere a farsi e coltivarsi tali conoscenze: i pochissimi che le possiedono, infatti, sono appannaggio quasi esclusivo di utenti internet, ovvero di appena la quarta parte degli italiani.
9 – In definitiva, cosa dovrebbe fare l’ARD?
Secondo me:
1°) avere il coraggio di dire sempre le cose come stanno e sviluppare, raffinare e perfezionare - tramite gruppi di lavoro aperti a chiunque - riflessioni come quelle delineate negli 8 punti precedenti. Ciò al solo scopo di proporre programmi d’azione per le soluzioni dei problemi del nostro tempo;
2°) cercare di trasmettere capillarmente a tutti i cittadini – casa per casa, scuola dopo scuola, ipermercato per ipermercato, piazza su piazza, alla TV, nei giornali, presso le associazioni professionali o di categoria, con iniziative originali, pacate ed in associazione con chiunque ci porga una mano anche finanziaria – i risultati di tale lavoro di riflessione.
Circa il primo punto, mi sembra ovvio che chi intende mantenersi schierato in rigide categorie di pensiero e schemi ideologici già preordinati, limiterà enormemente non soltanto la sua capacità di comprendere la realtà, ma anche e soprattutto quella di comunicare con chi non sta dalla sua parte. La sfera culturale degli italiani include “simpatie” molteplici, e queste affondano le proprie radici in componenti delle quali non si può non tener conto, perché nel bene e nel male fanno parte della nostra storia e perciò anche della nostra “anima”. Queste componenti sono principalmente quella cattolica, quella massonica, quella marxista e quella fascista. Se vogliamo rivolgerci non a particolari consorterie o parrocchie politico-partitico-ideologiche, ma indistintamente a tutti i cittadini, dobbiamo soffermarci e lavorare sulle suddette componenti indicandone i limiti, riscoprendone ed evidenziandone gli aspetti e le potenzialità positivi ed armonizzando questi ultimi in un tutto coerente condivisibile e sintonizzato su un corpo di valori comuni, da utilizzare quale base imprescindibile per qualsiasi progetto rifondativo dello Stato
Circa il secondo punto, dobbiamo rivolgerci agli altri con un atteggiamento da pari a pari, senza cioè sentirci come sul pulpito di “giusti” che lanciano atti di accusa contro i biechi cittadini di un mondo ricco e indifferente, e comunicare solo ed esclusivamente in termini semplici, essenziali e da tutti comprensibili. Mai prediligere, insomma, iniziative di rottura radicale o, peggio che mai, violente e trascinate soprattutto dall'emotività. Dobbiamo considerare l’avversario come qualcosa da rispettare e da studiare, per sconfiggerlo unicamente sul terreno del consenso.
Gridare giustizia globale, rispetto per l’ambiente o basta alle guerre va benissimo; ma nessuno di noi, quando rientra a casa dalle manifestazioni, ha un’idea precisa dei prezzi che dovrebbero essere pagati per ottenere tutto questo. Di fatto, nessuno lo sa esattamente. Perciò uno dei compiti primari del Movimento deve essere appunto quello di chiedere agli specialisti di studiare, calcolare e divulgare tali prezzi in termini di mezzi necessari per l’attuabilità, di rinunce al consumo, di mutamenti di stili di vita, di perdita di occupazione e di strategia per riottenerla, di equilibri politici e di sviluppo economico. Non conoscere questi prezzi, non divulgarli e non convincere la gente – sia dei Paesi sviluppati che di quelli sottosviluppati – a farsene carico e ad accettarli, equivarrà ad intraprendere un viaggio verso il nulla.
8 – Soprattutto noi occidentali, dobbiamo affrontare e sconfiggere la paura del cambiamento creando consenso sui valori comuni
Questa è la sfida più ardua. Come convincere, infatti, 800 milioni di persone sempre più oppresse dalla paura di non poter mantenere per sé e per i propri figli il loro attuale standard di vita, che la gallina di domani è per tutti di gran lunga preferibile all’uovo di oggi? E come convincere nazioni come quelle cinese e indiana a non “alzare troppo la cresta” e a non cedere al desiderio di rivincita nei confronti dell’Occidente, correndo così il rischio di fotocopiarne sistematicamente gli errori e gli orrori?
Il fatto è che, almeno in Occidente, la stragrande maggioranza delle persone non ha più la facoltà del pensiero autonomo e indipendente, né sufficiente autostima e cultura per tradurlo in azioni pratiche; per cui quando si chiede loro di pensare e di agire rimangono paralizzate: si parla loro e non ci sentono, oppure ci sentono ma restano in ogni caso bloccate. Come ancora sottolinea Barnard nel suo articolo già citato, “il pensiero-azione indipendenti vengono ostacolati fin dalla più giovane età, e a questo si aggiungono da una parte la sistematica distruzione dell’autostima che viene inflitta lungo tutto il percorso scolastico, e dall’altra l’ansia di conformarsi al pensiero dominante del gruppo per essere accettati; uniti, questi elementi portano molto spesso a non osare più alcuna forma di pensiero o azione indipendenti. Non si è più in grado di pensare da sé, si pensa per blocchi preconfezionati da altri, né si sa agire senza il sostegno di un gruppo. A ciò si sono aggiunti 30 anni di esposizione a media commerciali sempre più martellanti, che hanno letteralmente infettato e annichilito l’anima di milioni di noi, e l’opera di paralisi del pensiero/azione indipendenti è stata completa. Infine, la paura del futuro da cui tanti sono pervasi oggi, e che è artatamente alimentata dai nostri leaders, cementifica ancor più quella paralisi.” Si condisca tutto questo con la profonda ignoranza che domina ovunque, e il quadro potrà dirsi praticamente completo. Di fatto, al cittadino comune mancano non soltanto le più elementari conoscenze sia dei meccanismi della sperequazione globale che di quelli che lo stanno sistematicamente impoverendo, ma anche il tempo per provvedere a farsi e coltivarsi tali conoscenze: i pochissimi che le possiedono, infatti, sono appannaggio quasi esclusivo di utenti internet, ovvero di appena la quarta parte degli italiani.
9 – In definitiva, cosa dovrebbe fare l’ARD?
Secondo me:
1°) avere il coraggio di dire sempre le cose come stanno e sviluppare, raffinare e perfezionare - tramite gruppi di lavoro aperti a chiunque - riflessioni come quelle delineate negli 8 punti precedenti. Ciò al solo scopo di proporre programmi d’azione per le soluzioni dei problemi del nostro tempo;
2°) cercare di trasmettere capillarmente a tutti i cittadini – casa per casa, scuola dopo scuola, ipermercato per ipermercato, piazza su piazza, alla TV, nei giornali, presso le associazioni professionali o di categoria, con iniziative originali, pacate ed in associazione con chiunque ci porga una mano anche finanziaria – i risultati di tale lavoro di riflessione.
Circa il primo punto, mi sembra ovvio che chi intende mantenersi schierato in rigide categorie di pensiero e schemi ideologici già preordinati, limiterà enormemente non soltanto la sua capacità di comprendere la realtà, ma anche e soprattutto quella di comunicare con chi non sta dalla sua parte. La sfera culturale degli italiani include “simpatie” molteplici, e queste affondano le proprie radici in componenti delle quali non si può non tener conto, perché nel bene e nel male fanno parte della nostra storia e perciò anche della nostra “anima”. Queste componenti sono principalmente quella cattolica, quella massonica, quella marxista e quella fascista. Se vogliamo rivolgerci non a particolari consorterie o parrocchie politico-partitico-ideologiche, ma indistintamente a tutti i cittadini, dobbiamo soffermarci e lavorare sulle suddette componenti indicandone i limiti, riscoprendone ed evidenziandone gli aspetti e le potenzialità positivi ed armonizzando questi ultimi in un tutto coerente condivisibile e sintonizzato su un corpo di valori comuni, da utilizzare quale base imprescindibile per qualsiasi progetto rifondativo dello Stato
Circa il secondo punto, dobbiamo rivolgerci agli altri con un atteggiamento da pari a pari, senza cioè sentirci come sul pulpito di “giusti” che lanciano atti di accusa contro i biechi cittadini di un mondo ricco e indifferente, e comunicare solo ed esclusivamente in termini semplici, essenziali e da tutti comprensibili. Mai prediligere, insomma, iniziative di rottura radicale o, peggio che mai, violente e trascinate soprattutto dall'emotività. Dobbiamo considerare l’avversario come qualcosa da rispettare e da studiare, per sconfiggerlo unicamente sul terreno del consenso.
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Roberto Fondi- Messaggi : 19
Data di iscrizione : 06.03.09
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