ANCORA UNA VOLTA LA MIGLIOR DIFESA E' L'ATTACCO - 02/05/2008
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ANCORA UNA VOLTA LA MIGLIOR DIFESA E' L'ATTACCO - 02/05/2008
Considerazioni in vista della riunione di Roma del 4 maggio
La sconfitta di Rutelli, seppure porta anche il segno di una avversione al
campione di tutti i trasformismi, conclude un ciclo che già da tempo era stato
individuato, in particolare nelle precedenti elezioni che avevano messo in
evidenza che Prodi non aveva sfondato.
Che la destra che fa capo a Berlusconi non è una tigre di carta lo avevamo
detto a suo tempo. Essa ha ora consolidato la presa sulla società italiana
sommando tre referenti con base di massa, il filofascismo rigenerato di Fini,
il razzismo nordico di Bossi e la criminalità politica di Forza Italia come
strutture di potere diffuso.
A questo fronte, che ha dimostrato una sostanziale solidità, si è
contrapposto un progetto debole basato sul buonismo moderato del Partito
Democratico che, ereditando l´esperienza Prodi, non è riuscito ad essere
che un´operazione politicista. Il crollo della Sinistra Arcobaleno ha fatto il
resto, dimostrando che il giudizio che avevamo espresso in questi anni su di
essa ha fatto breccia e ha portato alla disfatta.
Ora si ripropone il solito interrogativo, che fare? Certamente la
soddisfazione per la sconfitta di Bertinotti e soci ci sembra una buona cosa,
ma rimane il problema di come procedere dopo la giusta indicazione
dell´astensionismo. Politicamente non possiamo esimerci dal dare una
risposta sulle prospettive, come d´altronde ci è stato richiesto da più parti.
Ebbene, nell´incontro del 4 maggio a Roma cercheremo di sciogliere i nodi
con una discussione collettiva. Qui abbozzo alcune considerazioni per la
discussione,
1) E´ ormai evidente che la vittoria della destra cambia i connotati alla
situazione italiana. Il tipo di politica che si prospetta è di scontro, senza
mediazioni, con tutte le esigenze sociali, politiche e culturali che hanno
cercato di contrastare il liberismo sfrenato di questi decenni e ci sono le
premesse esplicite che il blocco degli interessi padronali e delle strutture di
potere si saldi con il fronte della destra. Si ripete in qualche modo quella che
è stata l´esperienza mussoliniana di aggregazione, dopo lo sfondamento
dello squadrismo, con tutti i poteri forti.
Siamo al fascismo? Certamente no, ma ci sono tutte le premesse per un
prossimo fascismo in relazione agli esiti della crisi economica e dei conflitti
scatenati dall´imperialismo occidentale.
Questo va tenuto bene in considerazione sui compiti futuri che ci attendono.
2) Possiamo sicuramente affermare che la crisi è aggravata dalla debolezza
delle forze politiche che stanno fuori del blocco berlusconiano. Il neopartito
democratico non è solo uscito sconfitto elettoralmente, ma ha soprattutto
dimostrato di non avere un progetto di alternativa che faccia presa sulla
società. Per questo è costretto ad inseguire la destra e ad accettare un ruolo
subalterno sulle scelte di fondo. La destra per ora accetta il dialogo per
rafforzare la sua egemonia.
3) la disfatta della sinistra `radicale´ apre una nuova fase di lavoro. Questa
fase si può sintetizzare in un concetto essenziale: la lotta per l´egemonia.
Fino al 14 aprile le forze governiste e istituzionali hanno gestito questa
egemonia relegando al margine i settori più avanzati e mediando col
movimentismo per assorbirne le spinte. Ora si riapre il discorso
sull´egemonia perché la disfatta dell´Arcobaleno lo rende oggettivo.
Sicuramente però la partita non ha esiti automatici. Le varie versioni della
sinistra radicale, quella arcobaleno, quella identitaria del PRC e quella dei
nostalgici della falce e martello, tentano di risalire la china, ma il loro futuro
non è dei migliori. Non si sono solo persi milioni di voti, ma il referente
politico-sociale è entrato in crisi.
4) In questo contesto noi dobbiamo rifiutare il discorso del meno peggio,
cioè di sostegno ad una ipotetica rigenerazione delle forze della sinistra
radicale. Esse non solo esprimono, e in forma ridotta, tutte le ambiguità che
le hanno portate alla disfatta, ma sono solo un tentativo di recupero
parassitario di voti per ricrearsi spazi nel sistema politico senza incidenza
sulle questioni reali.
5) E´ possibile uscire da questa condizione con un ipotesi forte e credibile?
Questo è l´interrogativo a cui dobbiamo rispondere, non in maniera
ideologica o velleitaria, ma politica.
Ebbene,a mio parere è proprio l´indicazione astensionista a suggerirci una
possibile soluzione. L´astensionismo pone le condizioni per una critica
radicale al sistema che ci consente non solo di non ricadere nelle trappole
istituzionali-governiste, ma anche di affrontare lo scontro con la destra a
livello di massa, scoprendo il gioco delle promesse demagogiche. Il voto a
destra ha anche componenti popolari che vanno incanalate su un terreno di
opposizione antisistema prima che il suo controllo si consolidi.
La prospettiva di un movimento astensionista con un programma sociale
può essere la risposta al `che fare?´
Intendo sottolineare con i due concetti che da una parte con l´astensionismo
bisogna operare un distacco di massa dalle manipolazioni del sistema e dei
consensi e l´unico modo è quello di impedire il ritorno al voto fondando un
movimento astensionista che in questa crisi metta in evidenza la vera natura
dei poteri che si scontrano. Dall´altra, partendo dai dati sociali della crisi
bisogna sfidare la destra sui programmi, cioè bisogna difendersi attaccando.
Quando dico questo non penso né al ritorno ai riti e miti di una sinistra
esangue né a forme di avanguardismo. Penso a punti solidi di resistenza
popolare che, mi sembra, vengono indicati da più parti come la forma di
espressione di fase.
Il lavoro da fare è difficile, ma non vedo alternative a questa scelta. Ad una
condizione però, che si esca dal teatrino dei gruppi e si pensi ad un vero
progetto politico .
Erregi
La sconfitta di Rutelli, seppure porta anche il segno di una avversione al
campione di tutti i trasformismi, conclude un ciclo che già da tempo era stato
individuato, in particolare nelle precedenti elezioni che avevano messo in
evidenza che Prodi non aveva sfondato.
Che la destra che fa capo a Berlusconi non è una tigre di carta lo avevamo
detto a suo tempo. Essa ha ora consolidato la presa sulla società italiana
sommando tre referenti con base di massa, il filofascismo rigenerato di Fini,
il razzismo nordico di Bossi e la criminalità politica di Forza Italia come
strutture di potere diffuso.
A questo fronte, che ha dimostrato una sostanziale solidità, si è
contrapposto un progetto debole basato sul buonismo moderato del Partito
Democratico che, ereditando l´esperienza Prodi, non è riuscito ad essere
che un´operazione politicista. Il crollo della Sinistra Arcobaleno ha fatto il
resto, dimostrando che il giudizio che avevamo espresso in questi anni su di
essa ha fatto breccia e ha portato alla disfatta.
Ora si ripropone il solito interrogativo, che fare? Certamente la
soddisfazione per la sconfitta di Bertinotti e soci ci sembra una buona cosa,
ma rimane il problema di come procedere dopo la giusta indicazione
dell´astensionismo. Politicamente non possiamo esimerci dal dare una
risposta sulle prospettive, come d´altronde ci è stato richiesto da più parti.
Ebbene, nell´incontro del 4 maggio a Roma cercheremo di sciogliere i nodi
con una discussione collettiva. Qui abbozzo alcune considerazioni per la
discussione,
1) E´ ormai evidente che la vittoria della destra cambia i connotati alla
situazione italiana. Il tipo di politica che si prospetta è di scontro, senza
mediazioni, con tutte le esigenze sociali, politiche e culturali che hanno
cercato di contrastare il liberismo sfrenato di questi decenni e ci sono le
premesse esplicite che il blocco degli interessi padronali e delle strutture di
potere si saldi con il fronte della destra. Si ripete in qualche modo quella che
è stata l´esperienza mussoliniana di aggregazione, dopo lo sfondamento
dello squadrismo, con tutti i poteri forti.
Siamo al fascismo? Certamente no, ma ci sono tutte le premesse per un
prossimo fascismo in relazione agli esiti della crisi economica e dei conflitti
scatenati dall´imperialismo occidentale.
Questo va tenuto bene in considerazione sui compiti futuri che ci attendono.
2) Possiamo sicuramente affermare che la crisi è aggravata dalla debolezza
delle forze politiche che stanno fuori del blocco berlusconiano. Il neopartito
democratico non è solo uscito sconfitto elettoralmente, ma ha soprattutto
dimostrato di non avere un progetto di alternativa che faccia presa sulla
società. Per questo è costretto ad inseguire la destra e ad accettare un ruolo
subalterno sulle scelte di fondo. La destra per ora accetta il dialogo per
rafforzare la sua egemonia.
3) la disfatta della sinistra `radicale´ apre una nuova fase di lavoro. Questa
fase si può sintetizzare in un concetto essenziale: la lotta per l´egemonia.
Fino al 14 aprile le forze governiste e istituzionali hanno gestito questa
egemonia relegando al margine i settori più avanzati e mediando col
movimentismo per assorbirne le spinte. Ora si riapre il discorso
sull´egemonia perché la disfatta dell´Arcobaleno lo rende oggettivo.
Sicuramente però la partita non ha esiti automatici. Le varie versioni della
sinistra radicale, quella arcobaleno, quella identitaria del PRC e quella dei
nostalgici della falce e martello, tentano di risalire la china, ma il loro futuro
non è dei migliori. Non si sono solo persi milioni di voti, ma il referente
politico-sociale è entrato in crisi.
4) In questo contesto noi dobbiamo rifiutare il discorso del meno peggio,
cioè di sostegno ad una ipotetica rigenerazione delle forze della sinistra
radicale. Esse non solo esprimono, e in forma ridotta, tutte le ambiguità che
le hanno portate alla disfatta, ma sono solo un tentativo di recupero
parassitario di voti per ricrearsi spazi nel sistema politico senza incidenza
sulle questioni reali.
5) E´ possibile uscire da questa condizione con un ipotesi forte e credibile?
Questo è l´interrogativo a cui dobbiamo rispondere, non in maniera
ideologica o velleitaria, ma politica.
Ebbene,a mio parere è proprio l´indicazione astensionista a suggerirci una
possibile soluzione. L´astensionismo pone le condizioni per una critica
radicale al sistema che ci consente non solo di non ricadere nelle trappole
istituzionali-governiste, ma anche di affrontare lo scontro con la destra a
livello di massa, scoprendo il gioco delle promesse demagogiche. Il voto a
destra ha anche componenti popolari che vanno incanalate su un terreno di
opposizione antisistema prima che il suo controllo si consolidi.
La prospettiva di un movimento astensionista con un programma sociale
può essere la risposta al `che fare?´
Intendo sottolineare con i due concetti che da una parte con l´astensionismo
bisogna operare un distacco di massa dalle manipolazioni del sistema e dei
consensi e l´unico modo è quello di impedire il ritorno al voto fondando un
movimento astensionista che in questa crisi metta in evidenza la vera natura
dei poteri che si scontrano. Dall´altra, partendo dai dati sociali della crisi
bisogna sfidare la destra sui programmi, cioè bisogna difendersi attaccando.
Quando dico questo non penso né al ritorno ai riti e miti di una sinistra
esangue né a forme di avanguardismo. Penso a punti solidi di resistenza
popolare che, mi sembra, vengono indicati da più parti come la forma di
espressione di fase.
Il lavoro da fare è difficile, ma non vedo alternative a questa scelta. Ad una
condizione però, che si esca dal teatrino dei gruppi e si pensi ad un vero
progetto politico .
Erregi
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