Associazione per una Rivoluzione Democratica
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

Il Partito Comunista d'Italia, il fascismo e l'Aventino - 19/03/2008

Andare in basso

Il Partito Comunista d'Italia, il fascismo e l'Aventino - 19/03/2008 Empty Il Partito Comunista d'Italia, il fascismo e l'Aventino - 19/03/2008

Messaggio  Admin Mar 24 Feb 2009, 18:10

I firmatari dell’appello “Questa volta no. Astieniti” hanno pubblicato un altro documento “Il golpismo veltrusconiano, i complici e le comparse”. Dei limiti dell’appello si è già parlato, ma questo secondo documento è peggiore. Colpisce, soprattutto, un confronto tra l’attuale situazione e quella del partito comunista d’Italia nella prima metà degli anni venti. Vi si scrive, infatti: “Che la marea reazionaria montante non sia assimilabile al fascismo è ovvio. Tuttavia non sarebbe male che i comunisti di oggi imparassero dagli errori catastrofici compiuti da quelli di ieri negli anni ‘20 a causa del loro estremismo settario e parolaio. Essi non seppero e non vollero vedere che l’avvento del fascismo non era soltanto un mero cambio di personale dirigente dello Stato liberale, che esso era la tomba della democrazia e quindi del movimento operaio. Si rifiutarono quindi sia di lottare armi in pugno coi fascisti, sia di costruire un fronte unito antifascista. Si rifiutarono infine, nel 1924, di partecipare all’Aventino, ovvero di costruire un anti-parlamento che delegittimasse e sabotasse quello dominato dai fascisti e dai monarchici. Preferirono restare in quello di Mussolini, aiutando il Duce nel suo tentativo si legittimare democraticamente la propria dittatura.”

Che i comunisti di allora abbiano commesso errori, non si può negare, ma il modo più sicuro di non imparare nulla dalla loro esperienza è proprio farne un resoconto semplicistico e deformato.

E’ vero che Gramsci usò l’espressione “La “rivoluzione” fascista è solo la sostituzione di un personale amministrativo ad un altro personale” nel discorso al parlamento del 16 maggio 1925 (1), ma bisogna capire il contesto in cui l’intervento si svolse. Il fascismo si proponeva di mettere fuori legge le società segrete, a cominciare dalla massoneria. Lo scopo di Gramsci era dimostrare che l’avvento del fascismo non rappresentava una rivoluzione rispetto a “quel determinato sistema politico-massonico che esisteva in Italia, che ha avuto il suo massimo sviluppo nel giolittismo”.

Ma sarebbe sbagliato ridurre tutta l’analisi del PCd’I sul fascismo a questo intervento polemico.

Per avere un’idea delle posizioni del partito sul regime di Mussolini, si può considerare il “Rapporto del PCd’I sul fascismo al IV Congresso dell’Internazionale Comunista” (16 novembre 1922). Non si erano ancora evidenziate le gravi divergenze interne che caratterizzeranno gli anni successivi, in parte dovute a questioni italiane, ma soprattutto ai riflessi della lotta che si stava svolgendo in Russia. Queste fratture diverranno irreparabili quando Bordiga, con l’articolo “La quistione Trotzky”, si schiererà apertamente con l’opposizione russa. Ma, al tempo del IV Congresso dell’IC, il rapporto, tenuto da Bordiga, rifletteva le posizioni ufficiali del PCd’I d’allora.

Vi è contenuta una breve storia del fascismo, fin dai suoi prodromi, da ricercare nell’interventismo degli anni 1914/15. Le principali correnti dell’interventismo furono:
1) La destra di Salandra, con l’industria pesante che voleva la guerra ad ogni costo, prima a favore dell’Austria, poi contro di essa. 2) La borghesia di sinistra, radicali, democratici, repubblicani, che volevano conquistare Trento e Trieste. 3) Alcune frazioni di correnti di sinistra: sindacalisti rivoluzionari, anarchici e socialisti dissidenti. La seconda corrente non partecipò al movimento fascista, salvo qualche eccezione. (2)

Si metteva in rilievo che uomini considerati dai socialisti come possibili interlocutori, in realtà favorivano il fascismo. Nitti creò la Guardia Regia, che più volte, invece di colpire i fascisti, sparò sulle masse che si difendevano dalle squadracce. Bonomi mise a disposizione delle organizzazioni fasciste migliaia di ufficiali smobilitati, assicurando loro una parte della paga.

Il fascismo non è l’espressione della reazione della parte più arretrata del paese, tanto meno è un ritorno ad epoche preliberali, ma è “un grande movimento unitario della classe dominante, capace di mettere al proprio servizio, utilizzare e sfruttare, tutti i mezzi, tutti gli interessi parziali e locali di gruppi di datori di lavoro agricoli e industriali”

“Di fronte ad una grave crisi economica, lo Stato non basta più a mantenere il potere. Occorre un partito unitario, un’organizzazione controrivoluzionaria centralizzata. Per i suoi legami con l’intera classe borghese, il partito fascista è, in un certo senso, quello che in Russia, per i suoi legami col proletariato, è il partito comunista, cioè un organo di direzione e di controllo dell’intero apparato statale, ben organizzato e disciplinato”.

“ Per creare accanto allo Stato un'organizzazione reazionaria illegale, occorreva arruolare elementi diversi da quelli che l'alta classe dominante poteva fornire dai suoi ranghi. Li si ottenne rivolgendosi a quegli strati delle classi medie che già abbiamo citato, e allettandoli con la difesa dei loro interessi. È questo che il fascismo cercò di fare e che, bisogna riconoscere, gli è riuscito. Esso ha attinto partigiani negli strati più vicini al proletariato, come fra gli insoddisfatti della guerra, fra tutti i piccolo-borghesi, semi-borghesi, bottegai e mercanti e, soprattutto tra gli elementi intellettuali della gioventù borghese che, aderendo al fascismo, ritrovano l'energia per riscattarsi moralmente e vestirsi della toga della lotta contro il movimento proletario e finiscono nel patriottismo e nell'imperialismo più esaltato. Questi elementi apportarono al fascismo un numero notevole di aderenti e gli permisero di organizzarsi militarmente.”

Credo che bastino queste citazioni a dimostrare quanto sia riduttiva la descrizione fatta dal documento “Il golpismo veltrusconiano...”. Il fascismo per il PCd’I è la risposta borghese al bolscevismo, è il tentativo di affasciare tutte le forze borghesi per una controrivoluzione preventiva, per tagliare l’erba sotto ai piedi al bolscevismo. L’invito, per chi segue il nostro sito, è di leggere, anzi studiare, questo rapporto del 1922.

“Si rifiutarono quindi sia di lottare armi in pugno coi fascisti”, recita il secondo documento dei firmatari dell’appello”. In realtà, mentre i socialisti scrivevano sull’”Avanti”: “Alla violenza nemica i proletari oppongano la forza della scheda!”, o addirittura firmavano il patto di pacificazione con il fascismo, il PCd’I, come previsto dalle norme dell’internazionale Comunista, si dava un’organizzazione illegale e una struttura militare, sotto la guida di Bruno Fortichiari. Lo stalinismo in seguito, volendo presentare un quadro negativo del primo periodo del PCd’I, ha cercato di sminuire l’importanza di questa organizzazione, accusandola di militarismo o tentando di ridicolizzarla. Negli anni ’60 lo Spriano diede una versione più equilibrata, riconoscendo che l’organizzazione militare comunista aveva una certa consistenza in alcune città (Torino, Milano, Roma, Novara, Genova, Trieste, ecc).

Una polemica che ebbe grande eco, riguardò la proposta di integrazione delle organizzazioni militari comuniste negli Arditi del Popolo. Il loro capo era Argo Secondari, che era stato interventista e filodannunziano. In un primo tempo aveva simpatizzato per il fascismo: “Il fascismo sembrava animato da uno scopo che, nelle sue forme esteriori, appariva anche a noi ispirato da patriottismo: arginare le violenze rosse”.(3) Il movimento si era portato in seguito su posizioni antifasciste, ma il partito non poteva subordinare un settore delicatissimo come quello militare ad un comando esterno, incapace di mantenere a lungo la stessa posizione politica. La fragilità politica e organizzativa degli Arditi del Popolo venne alla luce presto, Secondari fu rimosso e sostituito da un direttorio, poi l’organizzazione si frammentò in una serie di gruppi armati locali. La vicenda ebbe grande eco perché Bucharin, partendo dal presupposto erroneo che gli Arditi del Popolo fossero un’organizzazione di massa proletaria e in parte piccolo borghese, pensava che fosse possibile un’azione paragonabile a quella compiuta dai bolscevichi in seno ai sindacati organizzati dalla polizia nella Russia del 1903/05. Questo confronto non aveva senso: negli anni precedenti al 1905 i bolscevichi lavoravano clandestinamente in un’organizzazione creata dal nemico di classe per cercare di sottrarre gli operai alla sua influenza. Si guardavano bene dal far sapere alcunché dei propri piani e della propria organizzazione. Nel caso degli Arditi, si trattava invece di consegnare la propria struttura militare nelle mani di un’organizzazione ondivaga e politicamente insicura. Una volta garantita la propria indipendenza politica e militare, i comunisti , però, non rifiutavano azioni comuni, anzi furono sempre in prima fila in tutte le lotte.

Il pericolo, piuttosto, derivava da una grande inesperienza nella lotta clandestina e da un malinteso senso dell’onore di molti militanti: “ Molti credono ancora di passare per vigliacchi se devono nascondersi dalle ricerche della polizia, o se devono tacere; si espongono così non solo alle indagini poliziesche ma anche alla curiosità pettegola di compagni altrimenti buoni”.(4)

Il documento dei firmatari dell’appello continua così:“Si rifiutarono infine, nel 1924, di partecipare all’Aventino...”. La questione è assai più complicata.

Nel giugno del 1924 ci fu l’assassinio di Matteotti. La statura morale di questo personaggio è fuori discussione, ma la sua linea politica si colloca pienamente nell’alveo della socialdemocrazia. Per quanto personalmente coraggioso, consigliava di non reagire alle violenze fasciste, e questa linea era inevitabilmente soccombente.

Al momento dell’assassinio, buona parte dei dirigenti erano a Mosca al V congresso dell’Internazionale. A Roma c’erano Gramsci e Scoccimarro. Il 14 giugno i deputati di vari partiti formarono il “Comitato delle opposizioni” (repubblicani, democratici, l’ala sinistra dei liberali, PSI e PSU, i seguaci di Amendola e i popolari). Il gruppo parlamentare comunista li seguì. Era nato l’Aventino. Ma tra il PCd’I e gli altri partiti v’era incompatibilità. Respinsero la proposta comunista di uno sciopero generale. I compagni di partito di Matteotti, pur avendo la maggioranza nella CGL, si limitarono a dichiarare uno sciopero di 10 minuti, al quale aderirono persino i sindacati fascisti, mentre i comunisti proclamarono lo uno sciopero generale. Verso la fine di giugno il partito, uscito dal comitato delle opposizioni, restava in una posizione incerta. Bordiga chiese di scegliere: o lavorare all’interno del Comitato delle opposizioni o uscire e combatterlo. Ovviamente, si dichiarava per la seconda posizione.

Il 15 Ottobre il Comitato Centrale fece la proposta al aventiniani di creare un antiparlamento da opporre al parlamento dominato dai fascisti, proposta respinta da tutti i partiti. Bordiga, che pure in passato aveva difeso l’astensionismo, ricordò ai compagni che la tattica scelta dall’Internazionale era basata sul parlamentarismo rivoluzionario, e che ad essa bisognava attenersi, senza farsi condizionare dalle manovre di opposizioni che vedevano nell’intervento del re l’ancora di salvezza. Si decise allora di mandare Repossi, che il 12 novembre lanciò in parlamento un terribile atto di accusa contro il fascismo, nonostante la canea orchestrata dai fascisti.

Una serie di citazioni di questo discorso dimostrerà l’infondatezza delle accuse al Partito Comunista d’Italia di aver legittimato col suo intervento la dittatura.

“una Camera di fascisti e di sostenitori del fascismo, una Camera eletta da Cesare Rossi e da Marinelli, non può commemorare Giacomo Matteotti senza commettere una profanazione vergognosa”. ” Da che mondo è mondo, agli assassini e ai complici degli assassini non è mai stato permesso di commemorare le loro vittime. Su quest'assemblea grava il peso di una correità.”

E il re in persona riceveva una chiamata di correo: “il proletariato non dimentica nemmeno le responsabilità di coloro che hanno preparato e fiancheggiato il fascismo, di chiunque ne ha favorito l'avvento al potere, di chiunque: fosse pure l'invocato "chiunque" del Quirinale”.

“Noi non viviamo nell'attesa di un compromesso borghese per il quale la borghesia invoca oggi l'intervento del re, per il quale la socialdemocrazia riformista e massimalista fa gettito della lotta di classe e auspica una "amministrazione superiore ed estranea agli interessi di ogni parte", cioè una dittatura militare che dovrebbe impedire l'avvento inesorabile della dittatura del proletariato”. “Noi additiamo anche da questa tribuna ai lavoratori qual è la via che essi devono seguire: essa è la via della resistenza e della difesa fisica contro la vostra violenza, della lotta incessante verso le conquiste sindacali, dell'intervento organizzato contro il rincaro della vita e contro il precipitare della crisi economica; essa è la via della costituzione dei Comitati operai e contadini. Attorno ai Comitati operai e contadini si devono raccogliere tutti coloro che vogliono lottare contro di voi con armi adeguate.”“Via il Governo degli assassini e degli affamatori del popolo. Disarmo delle camicie nere. Armamento del proletariato. Instaurazione di un Governo d'operai e contadini. I Comitati operai e contadini saranno la base di questo Governo e della dittatura della classe lavoratrice.

E ora, commemorate pure Giacomo Matteotti, ma ricordatevi che il grido lanciato dalla madre del Martire è diventato anche il grido di milioni di lavoratori: "Assassini! Assassini!".

Di fronte a queste parole, chi osa ancora dire che i comunisti aiutarono il Duce nel suo tentativo di legittimare democraticamente la propria dittatura?

L’Aventino giustamente fu considerato un simbolo di impotenza. Ai lavoratori si deve proporre la lotta, come seppe fare Repossi, non una ridicola riedizione di un fallimento passato.

Michele Basso
16 marzo 2008



Note

1) Il discorso di Gramsci è pubblicato nel nostro sito (vedi). Il rapporto sul fascismo sul sito http://www.quinterna.org/ e sul nostro sito (vedi).
2) Il repubblicano Pietro Nenni nel 1919 aderì al fascismo, ma se ne staccò poco dopo e aderì al partito socialista.
3) Storia della Sinistra Comunista, vol. IV, pag. 119 3 seguenti.
4) Rapporto dell’Ufficio I (Illegale) al Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista, 14/12/1921, in Storia della Sinistra Comunista, vol. IV, pag. 158 e

Admin

Messaggi : 77
Data di iscrizione : 24.02.09

https://a-r-d.forumattivo.com

Torna in alto Andare in basso

Torna in alto

- Argomenti simili

 
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.