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La seconda nocività

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Messaggio  stefanoisola Gio 16 Apr 2009, 16:20

Venerdì 10 aprile 2009, su un quotidiano qualsiasi, inchiesta sul disastro: ”Il fragile cemento delle case d’Abruzzo: lo hanno riempito di sabbia di mare”.
La notizia è dunque che degli edifici aquilani, come la Casa dello Studente o l’ospedale S. Salvatore, ora sbriciolati dal terremoto, erano stati costruiti impastando il calcestruzzo con la sabbia di mare, che lo ha reso friabile e ne ha corroso l’armatura di ferro.

Gli effetti devastanti e tragici di questo sisma di media intensità (simili ad altri del recente passato, come per la scuola di San Giuliano di Puglia e l’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi), entrano così nella famiglia sempre più numerosa delle conseguenze logiche ed inevitabili di uno “sviluppo” tecnico-industriale radicato nel sistema di corruzione e di malaffare generalizzato che domina il nostro paese da alcuni decenni.
E ci entrano insieme all’aumento degli incidenti sul lavoro, alla crescita dei tumori nell’infanzia, al dissesto del territorio, in generale alla nocività ambientale diffusa.

Uso qui il termine nocività per indicare genericamente una degradazione dell’ambiente naturale o sociale che ha la conseguenza di provocare con certezza un disagio ed eventualmente un rischio per la salute, fisica o psichica, di coloro che la subiscono.

Ma oltre alla nocività che minaccia l’ambiente come corpo e territorio, c’è anche una seconda nocività, relativa questa all’ambiente mentale e alla ragione umana, una nocività capillarmente ed omogeneamente diffusa e oltremodo velenosa.

Continuando a leggere l’articolo sugli edifici abruzzesi crollati, a corredo della notizia principale seguono commenti e “schede tecniche” sulle modalità di realizzazione degli edifici in zone sismiche - dimensioni di pilastri, barre, armature, chiodi e bulloni -, sulle normative, marchi e garanzie europee a riguardo, finanche sui margini di guadagno per il costruttore che per diluire il cemento “opti” per l’utilizzo di sabbia di mare anziché sabbia di cava (senza dimenticare che per “stare sul mercato” si è spesso costretti ad “abdicare alla qualità e alla sicurezza”). Il cittadino va doverosamente “informato” sul funzionamento del mondo in cui vive. Fine.

L’insignificante è esibito con vividezza pornografica, la verità è annichilita dall’affabulazione tecnicistica.
Nell’intero discorso, nessuna traccia dell’essenziale, cioè del fatto che nella coscienza comune la vita non ha ormai valore alcuno e può essere messa in pericolo dagli interessi privati di chiunque.

Questo sviamento dall’essenziale per abbracciare gelidamente l’insignificante è appunto la seconda nocività, il segno chiaro della drammatica intossicazione culturale e morale in cui ci troviamo. Tale nocività minaccia direttamente ciascuno di noi in quanto soggettività autonoma dotata di volontà e di giudizio, qualità indispensabili per la nostra dignità e dunque il nostro equilibrio psichico. Per Kant “ciò che ha un prezzo può essere sostituito da qualche altra cosa equivalente; ciò che non ha un prezzo e perciò non consente alcuna equivalenza, ha una dignità”, e la dignità di un essere dotato di ragione consiste nel fatto che esso “non obbedisce a nessuna legge che non sia anche istituita da lui stesso”.

La deviazione verso l’insignificante riducendo il mondo ad una combinatoria di possibilità interscambiabili, rese tali unicamente dalla loro realizzabilità tecnica, fa sparire ogni possibile dignità ed istituisce quindi una condizione di servitù. Ed è questa condizione di servitù che insieme ai tumori fa crescere a dismisura i disturbi psicotici e le tossicodipendenze.

È necessario ricostruire una riflessione radicale, partendo dal nominare con chiarezza tutte le nocività vere che minacciano la nostra vita, una riflessione che riesca ad afferrare le radici dei fenomeni che si manifestano solo in superficie.

Stefano Isola

stefanoisola

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