Associazione per una Rivoluzione Democratica
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Sintesi intervento di Riccardo di Vito (Roma)

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Messaggio  Admin Mer 25 Feb 2009, 12:57

Ci sono tante cose che mi lasciano perplesso nei vari documenti presentati dal Comitato promotore,
ma sarei concorde nel creare un’associazione in cui poter scambiare pareri e in cui poter discutere
come un vero e proprio cantiere. Io ed i miei compagni delle Comunità Comuniste preferiremmo
un’officina, piuttosto che un cantiere, ma non è il nome a cambiare la sostanza.
Mi sta benissimo l’esempio fatto dall’amico, dal “viandante”, che sarebbe bene rifarsi alla Comune
di Parigi, uno dei massimi momenti democratici della storia europea, perché bisogna battersi
affinché il popolo sia al potere (democrazia).
Siamo assolutamente concordi nel promuovere l’avvio di una discussione, ma non possiamo
accettare le due basi, gli assi portanti, su cui si regge il documento proposto. Non ho il tempo di
spiegare tutto nel dettaglio, ma cerco di evidenziare i punti di critica.
Anzitutto la questione della decrescita. Partiamo dal presupposto che ci sono decine di gruppi che la
propongono e la declinano in modi differenti, per cui ci sarà bisogno di approfondire bene la
questione con discussioni ad hoc. Sicuramente siamo d’accordo con chi propone un approccio
culturale anticonsumistico, con chi propone un giusto contemperamento dei bisogni dell'uomo.
Concordiamo anche sulla critica dell'illimitatezza delle risorse, nonché sulla necessità di sviluppare
la ricerca di energie alternative rispetto al petrolio. Ritengo, però, che sia particolarmente rischioso
se non (persino) controproducente il “decrescitismo” inteso come concreta strategia politica di
riduzione del PIL. Più che di riduzione sarebbe corretto parlare di riqualificazione del PIL a fini
sociali o di sostituzione degli sprechi e della produzione anti-sociale con produzione a fini sociali.
La decrescita come prassi politica oscura l'importanza di una strategia realistica di indipendenza.
Per quanto riguarda la difesa della Costituzione, mi pare giusto difenderla come battaglia
immediata, per difendere i diritti civili, sociali e politici, tuttavia bisogna porre dei paletti.
Denunciare a chiare lettere tutti i guru della difesa della Carta Costituzionale (a partire da forze
politiche nemiche, come il PD), che sono stati i fautori della lenta distruzione di alcuni principi
sostanziali, inscritti nella carta costituzionale, peraltro mai attuata nei suoi articoli salienti. È
importante, in sintesi, non farsi drogare dall'antiberlusconismo e capire come l'avanzamento verso i
principi costituzionali debba procedere, sempre come battaglia di profilo minimo ed essenziale,
rompendo l'ipocrisia di chi cavalca la propaganda formalistica dei principi costituzionali. È
possibile rivendicare la Costituzione entro una più vasta riproposizione dell'anticapitalismo e di un
processo di demercificazione parziale della vita economica nazionale? Questo rimane un punto
importante di riflessione che richiederebbe un maggior approfondimento, soprattutto alla luce della
storia italiana dal 1948 ad oggi, con particolare riferimento al collegamento tra Costituzione e
sovranità limitata dell’Italia (vedi protocolli Nato et similia, vera e propria Carta “parallela” a quella
ufficiale).
Il documento proposto non pone particolarmente l’accento sull’anticapitalismo, invece noi
riteniamo che debba essere il vero collante di un “fronte popolare” – o CLN, come proposto da
alcuni - che si propone di capire i problemi reali della gente comune, soprattutto in una fase storica
come quella attuale dove il mito della globalizzazione e del libero mercato incomincia a sbriciolarsi
sotto i colpi della crisi. È chiaro che non è semplice parlare di anticapitalismo, ma sarebbe possibile
parlare di bene comune, di comunità, di legami solidaristici, ponendo l’accento sulla distruzione che
il modo di produzione capitalistico mette in atto. Un “fronte popolare” comunitario o qualcosa di
simile potrebbe essere la veste (la forma) di un progetto anticapitalistico condiviso, in cui
l'opposizione al capitalismo assuma le sembianze di un ampio coinvolgimento non settario, che
quindi non pretenda d’essere l'avanguardia di un movimento comunista ipotetico, ma ponga sul
piatto della bilancia politica i problemi più urgenti, uniti alla critica di fondo dell'esistente
(trasversale alle appartenenze). È necessario proporre alleanze di tutti quei settori sociali colpiti
materialmente e spiritualmente dall'invasività e la perversità di questo sistema. Dunque bisogna
proporre non solo la tradizionale lotta di classe, ma una nuova ed inedita opposizione tra forze del
capitalismo assoluto e della mercificazione finale e forze variegate (da coordinare) di resistenza (dal
mondo comunista al mondo cattolico più sensibile, alla gente comune non ideologizzata).
Questo sul piano internazionale deve vedere l'analisi lucida ed equilibrata delle esperienze
internazionali di altra natura, socialismo comunitario sudamericano, fino all'analisi disincantata (ma
necessaria) di altre formazioni sociali capitalistiche.
I nostri punti chiave di proposta sono:
1- Rilanciare i temi sociali, a partire dalla demercificazione dei beni primari: sanità, pensioni,
scuola, università, beni comuni (acqua, etc.). La lotta sul posto di lavoro non può essere
abbandonata, come alcuni propongono;
2- Saldare il legame comunitario, ad ogni livello della società, dal quartiere alla nazione, intesa
come comunità politica aperta, rilanciando la partecipazione attiva di tutti gli individui;
3- Sovranismo: sottolineare l’importanza di una strategia politica di indipendenza. Europa ed Italia
come campi di confronto politico reale (e non metafisico); sganciamento da USA e NATO; battaglia
per la reale unificazione solidale degli Stati sottoposti allo stesso dominio tecnocratico europeo.
Rilanciare la sovranità nazionale, monetaria, fiscale, insistendo sulla centralità della sovranità
politica come passo preliminare per ogni discorso rivoluzionario successivo. Se ci sono le basi
americane fa la differenza (eccome se la fa!). Allo stesso tempo lottare per politiche europee solidali
e per i contatti tra i popoli europei - nelle loro storiche lotte politiche comuni contro un potere che è
unicefalo -, tentando di saldare la nostra esperienza con quella dei popoli del Mediterraneo.
Abrogare il Trattato di Lisbona;
4- Battaglia contro il federalismo fiscale. Vedere la nazione come luogo reale di lotta. Far riscoprire
la solidarietà tra tutti i lavoratori dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna al Friuli Venezia Giulia.
Rilanciare un movimento culturale di riunificazione italiana, contro il settarismo leghista e per un
nuovo “patriottismo comunitario aperto e politico”;
5- Creazione di un movimento di rinascita popolare, un fronte popolare comunitario, che sappia
coniugare le lotte locali e i punti appena espressi.

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