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2 . "Origine e sbocchi della crisi: una lettura"

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Messaggio  aldo zanchetta Gio 09 Apr 2009, 10:37

Per sbloccare l'impasse del dialogo ecco qui una scheda. Proviamo a commentare insieme? Scusate la forma non eccelsa ma ho fatto in fretta trduzione e sintesi.
Aldo

ANALISI DELL’ORIGINE DELLA CRISI SECONDO JORGE BEINSTEIN

(da Hacia la desintegración del sistema global – 3 marzo 09 - http://alainet.org/active/29183&lang=es) (Jorge Beinstein è argentino, economista docente all’Universitrà di Buenos Aires).

RIASSUNTO : Le origini lontane della crisi sono da ricercarsi nella sovrapproduzione e nel consolidarsi di caste parassitarie che immobilizzano il sistema. La finanziarizzazione dell’economia è stata una via di uscita obbligatoria per la redditività a breve termine (trimestralizzazione dei risultati). Poiché non esiste una separazione fra economia reale ed economia finanziaria il crollo dell’una si ripercuote sull’altra. La gravità della crisi con i suoi limiti invalicabili nella crisi energetica e ecologica fa presumere una disintegrazione del sistema con lo scatenarsi di gravi conflitti sociali che, nel contesto di barbare reazioni senili del capitalismo perdente, possono consentire una riflessione nuova portante a nuove relazioni sociali più umaniste.

Nel settembre 2008 si è verificato un punto di svolta nel processo recessivo sviluppatosi nell’anno negli Stati Uniti: la recessione si è allora estesa a livello planetario con chiari sintomi di depressione manifestati a inizio 2009, con possibilità di collasso del sistema.

Le dichiarazioni di Gerge Soros e Paul Volcker del 21.2 alla Columbia University rappresentano una rottura radicale nei giudizi fino ad allora espressi.
Per Volcker la crisì è più grave di quella del 1929 e che nan ha riferimenti in crisi precedenti. Quella del ’29 fu superata con politiche keynesiane e massicci interventi statali. Oggi la massiccia iniezione statale di denaro non sta franando la crisi e sta preparando le condizioni per future catastrofi inflazionarie.
Per Soros il sistema finanziario mondiale si è disintegrato con certi parallelismi con il disfacimento dell’Unione Sovietica. Quello iniziò e si concluse a causa dell’esistenza di una classe burocratica egemonica. Ugualmente, seppur non egemonica, c’è una classe burocratica ipertrofica sviluppata nel capitalismo, anche in passato ma che si è acutizzata negli ultimi 30 anni del XX secolo con la fase neoliberista. Essa include anche una casta militare. Questa classe ipertrofica nella seconda metà degli anni ’90 ha dato luogo a crisi finanziarie ripetute ed a un predominio apparentemente imbattibile della casta militare statunitense. Questa burocrazia ha depredato il sistema produttivo finendo per paralizzarlo. Da qui l’inizio attuale del crollo del sistema con il moltiplicarsi delle crisi finanziarie (immobiliari, commerciali, debito) mentre il sistema militare si impantanava in due guerre “coloniali”. Di fronte ad una disponibilità di risorse fiscali di alcune decine di bilioni di dollari (milioni di milioni) l’euforia finanziaria ha messo in giro circa 600 bilioni di $ (Banco di Basilea) di prodotti finanziari derivati che sommati a altre operazioni finanziarie a 1000 bilioni di $, cioè 20 volte il prodotto lordo mondiale.

Questa massa di denaro non è separata dall’economia reale: essa è stata generata, per la dinamica del sistema capitalista, dalle necessità di redditività delle imprese transnazionali e del finanziamento degli stati. Non si tratta di responsabilità di alcuni folli ma di un fenomeno proprio di una civiltà in decadenza, Il sistema, in crisi ormai cronica di sovrapproduzione, ha trovato nella droga finanziaria la via di uscita, migliorando i profitti e incrementando i consumi, ma a ritmo inferiore alla crescita di produttività, finendo per avvelenare il sistema.
Si vuol far credere che la crisi si risolverà col porre le briglie al sistema finanziario riproporzionandolo all’economia reale. Ma economia finanziaria e economia reale sono un’unica realtà e la crisi in corso dimostra la loro connessione e contrazione.
Le dichiarazioni di soros e Volcker hanno preceduto di pochi giorni prima che il governo statunitense rendesse nota la caduta del PIB dell’ultimo trimestre 2008 rispetto a quello del 2007 : il 3,8% annunciato era una menzogna di fronte al 6,2 stimato. Questo non è più recessione ma depressione. Analogamente per altri grandi stati, dal Giappone (12%9 alla Germania, Francia, Inghilterra, mentre la Cina prevede di dimezzare il suo tasso di crescita del 2009 rispetto al 2008.

Che Soros e Volcker annuncino il collasso economico mondiale non significa che ciò accadrà, tuttavia i dati che si vengono accumulando lo rendono altamente probabile, vista l’impotenza di fatto dei fattori di controllo (governi, banche centrali, FMI…) e la rigidezza politica del Complesso Industriale Militare, gigante parassitario le cui spese reali (circa un bilione di $) equivalgono all’80% del deficit fiscale statunitense.

Infine dobbiamo ricordare le altre crisi (alimentare, climatica etc) che incombono. In particolare “la crisi del sistema tecnologico moderno incapace di superare, in quanto componente matrice della civiltà borghese, i problemi energetici e ambientali creati dal suo sviluppo predatorio.”

“La disintegrazione-implosione del sistema globale non significa la sua trasformazione in un insieme di sottosistemi capitalisti o blocchi regionali con relazioni più o meno forti fra loro […] L’economia mondiale è altamente transnazionalizzata e comporta una fitta rete di attività produttive, commerciali, e finanziarie che penetra profondamente nelle cosiddette strutture nazionali […] Per un paese o una regione la rottura di questi collegamenti globali o il suo indebolimento significativo implica una enorme rottura interna, la scomparsa di settori economici decisivi con le conseguenze sociali e politiche che ne derivano.”

La scomparsa dell’unipolarismo concentrato negli Stati Uniti (in realtà operante già da 60 anni per le decisioni economiche, finanziarie e militari), nel mezzo della depressione economica internazionale, significa lo scatenarsi di una catena globale di crisi (economiche, politiche, sociali etc) e lo stesso Brzezinski (ex Segretario di stato di ) ha ipotizzato uno scatenarsi di conflitti sociali e disordini all’interno degli stessi Stati Uniti. Da una prospettiva diversa Michael Klare ho previsto che questi conflitti sociali attraversino tutti i continenti, del resto iniziati già nel 2008 con la crisi alimentare (che ha provocato forti proteste sociali e disordini in oltre 30 paesi – ndt).

“L’ipotesi dell’implosione capitalista apre lo spazio alla riflessione e all’azione per quanto riguarda l’orizzonte postcapitalista dove si mescolano nuove e vecchie idee, illusioni fallite e forti apprendimenti democratici del secolo XX, freni conservatori che giustificano nuovi tentativi neocapitalisti e visioni rinnovate del mondo implicanti grandi innovazioni sociali. Agonia della modernità borghese con i suoi pericoli di barbarie senili, ma con rottura di freni ideologici, di struttura oppressiva, speranza di una rigenerazione umanista delle relazioni sociali.”

aldo zanchetta

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