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Sintesi intervento di Paolo Arduini (Pisa)

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Messaggio  Admin Mer 25 Feb 2009, 13:00

I movimenti “locali e su questioni specifiche”, con i loro limiti ma anche le loro potenzialità, sono comunque la sola possibilità di legare analisi della situazione e intervento concreto per cambiarla. Quasi mai utili in relazione alla ricerca di consensi elettorali (esperienza delle Liste Civiche, almeno a Pisa), sono il solo terreno nel quale, se si interviene con intelligenza, senza mitizzazioni e inutili trionfalismi quasi sempre delusi, sia possibile costruire coscienza e organizzazione. La crisi di un modello di dominio economico, politico, militare, culturale, c’è, e forse più profonda di altre crisi cicliche, ma rischia presto di portare a un livello di conflitto carico di derive razziste, autoritarie, qualunquiste, in un tessuto sociale disgregato e in preda al “si salvi chi può”: se già prima, con una classe operaia ancora compattata dai rapporti di produzione, non era affatto facile sviluppare una coscienza ”di classe” in sé e per sé, figuriamoci ora che la classe è stata dispersa e ristrutturata, distrutta nel suo potere di contrattazione con la costruzione scientificamente preordinata di un nuovo e illimitato esercito di manodopera di riserva (immigrazione, delocalizzazione, nuova contrattazione “individuale”), diluita nel territorio in un genericissimo Terzo Stato (che poi vuol dire, in concreto, ceti medi decaduti). Per questo, non bisogna sottovalutare le possibilità di recupero e di nuovo dominio che si possono venire a creare con un soggetto sociale potenzialmente più largo e maggioritario del passato ma parcellizzato e confuso, in parte comprato e ancora comprabile, anche nella crisi, se il sistema di dominio si ristruttura (come non è affatto detto che non sia ancora capace…) con iniezioni miste di keynesismo, statalismo, creazione di nuove complicità e asservimenti.

Che fare? Creare strutture, permanenti ma non cristallizzate in nuove gerarchie verticistiche, di confronto e coordinamento tra i movimenti realmente radicati nel territorio; trovare in questa azione, dentro i movimenti ma insieme separati da essi per una visione più generale e complessiva della realtà, le problematiche che aprono le menti e le coscienze: in questo senso vanno bene sia la PROPOSTA della Costituzione, non da difendere ma da attuare nei suoi punti fondamentali per quel che riguarda i diritti civili, sociali, ambientali, sia la PROPOSTA della qualità della vita, costruita nelle battaglie del territorio con la individuazione CONCRETA dei nemici (chi mette al primo posto gli interessi privati, contro gli interessi e i beni comuni), da non confondere affatto con una ambigua e sbagliata parola d’ordine, quella della decrescita, che apre il campo alle fughe individuali nella felicità campestre per soli ricchi e a un ecocapitalismo “buono” (magari nucleare…) che non tocca niente della sostanza del dominio.

Un’esperienza “forte” come quella della Comune di Parigi, non a caso “locale” e cioè radicata nel territorio e legata alle sue esigenze, anche se parziali, ha saputo alla fine prefigurare, da dentro la medesima esperienza parziale e specifica, un modello alternativo di organizzazione “statale” e organizzazione dei rapporti tra gli uomini (liberi e eguali davvero, a costo anche di perdere, come è successo nel 1871, perché vincere necessita di un complemento oggetto oppure non ha senso): democrazia reale come potere al popolo (rappresentanti eletti da tutti i CITTADINI, pagati a salario operaio, con totale diritto-dovere di rotazione e revoca dalle cariche); proprietà sociale dei mezzi di produzione (basata su autogestione e autodecisione sulle forme di produzione e consumo e non sulla statalizzazione e burocratizzazione delle medesime forme).

(COSE NON DETTE, PERCHE’ IL TEMPO NON PERMETTEVA, MA PENSATE)

Evitare l’illusione, venuta fuori anche a Cianciano, che affiancare parole d’ordine cosiddette moderate e riformiste, come Costituzione e decrescita, a parole d’ordine cosiddette radicali e rivoluzionarie, come anticapitalismo e antimperialismo, sia la soluzione del problema delle nostre diversità: linguaggi che non isolino le minoranze coscienti dal resto della popolazione sono il CUORE della nostra azione concreta, ma vanno TRADOTTI nella vita quotidiana delle persone, partendo dal basso verso l’alto, dal particolare al complessivo, senza paura di essere o sembrare troppo riformisti o troppo radicali.

Allo stesso modo, distinguere tra legalità costituzionale (quella dei diritti civili, sociali, ambientali) e legalità fondata sul dominio (quindi in realtà illegalità sociale, sia che si presenti nelle forme giuridiche “criminali” che in quelle “non criminali”) è essenziale per non confonderci col dipietrismo e dintorni, contrabbandato oggi come unica “vera opposizione”.

PAOLO ARDUINI (Comitati pisani per la qualità della vita-Lista civica “Città dei Diritti”)

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