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Sintesi intervento di Moreno Pasquinelli (Foligno)

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Messaggio  Admin Mer 25 Feb 2009, 12:59

LA GLACIAZIONE E' FINITA.
Quelli di noi che firmarono e diffusero l’appello astensionista «Questa volta no!» in occasione delle ultime politiche, non immaginavano che lo sconquasso politico a sinistra sarebbe stato tanto grande. Certo, le urne ci consegnavano un assetto bipolare rafforzato, ma accanto ad esso c’era lo smottamento della cosiddetta “sinistra radicale”, ovvero il salutare e atteso divorzio di tanti cittadini dalle loro degenerate rappresentanze politiche. Così decidemmo di vederci dopo le elezioni, per verificare se, oltre al severo giudizio critico sul minaccioso quadro politico e sulle forze in campo, avessimo idee comuni da avanzare, e se queste idee fossero sufficientemente forti e solide per poter fare qualcosa di positivo. Una la domanda che si ponevamo: esistono le condizioni per far sorgere una nuova forza politica? Se sì, su queli nuove fondamenta? Di qui è nato il documento che il vecchio comitato promotore ha proposto come base della discussione.

Nel frattempo è giunta la crisi dei mercati finanziari la quale, non ne dubito, avrà effetti devastanti non solo sull’economia, ma sugli assetti politici e istituzionali, sullo stesso sistema di relazioni internazionali. Siamo entrati in una caotica fase di transizione: è in discussione la capacità del capitalismo mondiale, di cui gli USA rappresentano il cardine, di superare questa crisi. Una prima cosa è chiara: il benessere diffuso conosciuto dai paesi dell’Occidente imperialistico, già declinante, è destinato a lasciare il posto a nuove povertà di massa, e queste non potranno che causare aspri e generali conflitti sociali. La seconda cosa: accetteranno gli USA di fare un passi indietro, riusciranno a sacrificare la loro supremazia mondiale per lasciare posto ad un ordine multipolare? Pendo per il no, e comunque non si passa ad un sistema multipolare in maniera indolore, anche le relazioni tra stati saranno sottoposte a tensioni tremende. La terza cosa è che, comunque vada, il modello sociale su cui il capitalismo ha poggiato la sua crescita negli ultimi decenni, è giunto a fine corsa e un nuovo modello sorgerà sule ceneri di quello moribondo. La quarta cosa evidente è quindi che questa crisi seppellisce per sempre il cosiddetto “pensiero unico”.

Voglio dire che questa crisi pone fine alla glaciazione da cui veniamo. Siamo agli inizi di un nuovo grande disgelo, non solo dei conflitti: finisce la glazione delle idee, del pensiero critico. Sul primo livello, quello dei mille rivoli del risorgente conflitto sociale, data la nostra debolezza, possiamo fare poco. Questi rivoli seguiranno un percorso tortuoso, e non è detto che soli riescano a confluire nel grande fiume che porta fuori dal sistema in cui viviamo. Vi dirò anzi che sono pessimista, che nel caos sociale una svolta reazionaria di massa e populista è nell’immediato più probabile una svolta rivoluzionaria. Certo avremo forti polarizzazioni e non prevedo molti spazi per le mezze misure, per le pezze calde, per ipotesi politiche che tempo addietro avremmo definito “riformistiche”.

E’ qui che si situa la funzione nostra, ammesso che si riesca a dare seguito alle nostre speranze. E’ sul terreno del pensiero e della proposta politica che, io penso, abbiamo molte cose da dire. Capisco le obiezioni rivolteci, che il documento proposto non è sufficiente, che occorre non solo precisare idee, che ce ne vogliono di nuove e forti. Io penso ad esempio che la “decrescita” possa essere, se declinata in senso più solidamente anticapitalista, una via per la fuoriuscita dal sistema vigente. Se ci fate caso si sta delineando un grande blocco trasversale, che va dall’estrema sinistra alle destre più conservatrici, passando per grandi “think tank” e lobbies finanziarie multinazionali, che premono per adottare come negli anni trenta del secolo scorso terapie d’urto keynesiane. Noi che diciamo?

Io ritengo che il capitalismo reale (non quello immaginario di Adam Smith) abbia esaurito la sua spinta propulsiva, che questa crisi porterà alla ribalta idee nuove, ma idee radicali che dovranno indicare le possibili strade per fuoriscure dal sistema capitalistico, per evitare che dopo una dolorosa cura da cavallo l’umanità si ritrovi fra vent’anni alle prese con un’altra devastante crisi ciclica. Aumenteranno quelli che si chiederanno se il gioco valga la candela. A scanso di equivoci, non penso che ci sarà mai un crollo finale del capitalismo. Se non lo si rimpiazza con un sistema sociale e politico nuovo esso potrà sempre rinascere come l’araba fenice, certo in forme più sfruttatrici e disumane. Non esiste infatti una teoria scientifica della fine del capitalismo. Esistono tuttavia spiegazioni scientifiche sulle crisi cicliche del capitalismo e tra queste quella marxista della crisi come “crisi di valorizzazione” o di “sovrapproduzione”, resta a mio parere la più convincente in mezzo alla babele di spiegazioni di tanti analisti azzeccagarbugli.

Questo per dire che non partiamo da zero, che è vero che dobbiamo definire una nuova alternativa al capitalismo e all’imperalialismo. Tuttavia abbiamo una memoria, un ricco archivio di esperienze, che occorre quindi farla finita col cupio dissolvi dei marxisti pentiti che con l’acqua sporca hanno gettato anche il bambino.

Admin

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